L’autonomia degli oggetti

La nascita delle prossime generazioni di sistemi tecnologici potrebbe significare un cambiamento più grande di quello che ci si aspetta. Sarà la prima volta che il numero di pezzi del sistema da gestire simultaneamente sarà maggiore che non le persone disponibili. Maggiore di diversi ordini di grandezza… E’ di questo che ho parlato nel seguente articolo pubblicato su Nòva de ‘Il Sole 24 Ore‘ oggi.

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L’intenso chiacchiericcio della futura rete dell’Internet degli Oggetti

Ci circondiamo di manufatti da quando esiste l’uomo, ancora prima che nascesse circa diecimila anni fa l’agricoltura, iniziatore della nostra attuale civiltà tecnologica. Questi manufatti parlano di noi e ci permettono di parlare del mondo che ci circonda, attraverso le loro forme e le loro funzioni. Il modo in cui vengono sperimentati, progettati, realizzati e utilizzati. Il modo in cui evolvono, incorporando nuove soluzioni inventate in un luogo specifico e che poi si diffondono dappertutto, con varianti che le adattano alle diverse esigenze locali.

L’evoluzione degli oggetti si basa non solo sull’accumulo di adattamenti, ma sull’utilizzo di metodi innovativi per la creazione e gestione di questi che rappresentano veri e propri cambiamenti di fase, passaggi verso possibilità applicative qualitativamente diverse da quelle precedenti. Le notazioni formali, la scrittura, la matematica, le misurazioni hanno comportato per esempio un passaggio di questo tipo, in quanto hanno permesso che la produzione di manufatti fosse più costante e precisa di prima, e non dipendesse più solo dalle capacità e costanza di maestro del loro primo inventore. La massima espressione di questo l’abbiamo oggi nella produzione di microchip, disegnati con l’aiuto del computer, prodotti in alto numero in modo estremamente affidabile. Anche se i diversi passaggi del reperimento dei materiali, la loro lavorazione e preparazione finale rimangono sostanzialmente gli stessi che si usava migliaia di anni fa per realizzare un vaso di terracotta!

Quali saranno le caratteristiche dei prossimi manufatti? Possiamo prevederle e assicurarci di introdurle in modo fruttuoso e costruttivo all’interno del nostro tessuto sociale? Una misura semplice che si può facilmente seguire e che illustra un possibile ulteriore esempio di cambiamento di fase è la quantità totale prodotta di una classe di oggetti. Abbiamo centinaia di milioni di personal computer, e miliardi di telefoni cellulari, ma questa è l’ultima generazione di manufatti che può contare sull’assistenza fornita dagli utilizzatori stessi. Quando la batteria di un cellulare sta per esaurirsi, corriamo a ricaricarla collegandola alla presa a muro. Se la memoria è piena, per troppi messaggi SMS, la svuotiamo con cura e attenzione, come se stessimo cambiando il pannolino ad un neonato: il cellulare è il vero Tamagochi! Ma questa cura e attenzione non saranno più possibili. La prossima classe di prodotti elettronici, chiamati spime, appartenenti ad una generazione con un grado di integrazione ancora maggiore, dotati di comunicazione universale e ricchi di sensori, sarà composta di decine di miliardi di elementi. Troppi, perché si possa gestirli e quindi dovranno essere totalmente autonomi, per la prima volta nella storia dei nostri manufatti. Questa autonomia porterà alla creazione di sistemi robusti e affidabili ad un grado senza precedenti.

Gli spime sono considerati importanti per la nostra capacità di capire il pianeta, e l’ambiente, sia naturale che artificiale. Attraverso le misurazioni raccolte dai loro sensori, comunicate di nodo in nodo, in una topologia che sarà molto diversa da quella delle reti attuali, svilupperanno velocemente una conversazione importante, ma che sarà inerentemente inintelligibile a noi umani. Una miriade di sensori microscopici per esempio che sia in grado di auto-organizzarsi galleggiando nell’Oceano Indiano per raccogliere i minimi segnali di un terremoto sottomarino, causa diretta di tsunami devastanti, può essere incredibilmente utile. Ma solo se quello che viene quotidianamente misurato nella calma delle deviazioni medie, nel rumore di fondo della routine, non assorbe il segnale da non perdere!

Soprattutto se le nuove reti dell’Internet degli Oggetti saranno associate ad applicazioni di così vitale importanza come quella del precedente esempio, non si potrà non tenere conto della difficoltà di analizzare e comunicare i loro dati in una forma progressivamente aggregata. Fintantoché manterremo la posizione di dover essere coloro che prendono le decisioni finali sui dati raccolti da sistemi autonomi robusti—piloti d’aereo, trader finanziari, e altri—sarà fondamentale lavorare ad un interfacciamento tra il livello di base di raccolta di informazioni e quello superiore sintetico delle decisioni. La creazione di conoscenza di second’ordine dalla progressiva elaborazione non dovrà portare all’offuscamento della informazione originaria.

Alla base degli esperimenti dell’impianto europeo Large Hadron Collider presso il CERN di Ginevra c’è la creazione di una quantità inimmaginabilmente grande di oggetti, che non potremmo chiamare certamente manufatti: le particelle elementari dagli scontri delle quali  si stabilirà la validità di importanti teorie fisiche fondamentali. Nella progettazione di questi esperimenti i fisici hanno dovuto affrontare proprio un simile dilemma. La velocità di creazione dei dati e la loro quantità è tale che nessun sistema attuale potrebbe immagazzinarli e anche se questo accadesse, tenderebbero semplicemente ad accumularsi, senza che i fisici avessero modo di analizzarli alla ricerca degli eventi più significativi. La soluzione da loro adottata è radicale: la maggior parte dei dati viene buttata all’origine, senza essere salvata e senza essere sottoposta ad analisi approfondita. Il sistema è progettato in modo da poter identificare a priori quello che appare significativo, in modo da passare solo questo verso una verifica approfondita.

Così come oggi gli esperimenti gestiti dai fisici del CERN, sempre più sistemi che vengono creati opereranno autonomamente a livelli di dettaglio che non sono a noi accessibili. Sarà necessario che impariamo ad ascoltare bene fin da oggi e su diversi livelli le conversazioni che avvengono all’interno di questi sistemi, in modo da poter discernere quelli che sono i segnali più significativi da questi colti. Sarebbe un paradosso che in mancanza di questo conoscenze fondamentali vitali si perdessero e decisioni importanti non potessero venire prese!