L’Open Source ha conquistato il mondo. Ci sono persone che non se ne sono ancora accorte ed organizzazioni che caparbiamente si attaccano al vecchio modello del codice chiuso. C’è chi non capirebbe nemmeno di cosa si sta parlando. Ma come succede con alcune rivoluzioni che lentamente ma sicurezza trasformano il mondo, tanto da renderlo irriconoscibile dopo due o tre generazioni, la nuova filosofia di valore senza barriere ha cominciato a permeare altri settori oltre a quello della progettazione software.
L’Open Knowledge, dalle pubblicazioni accademiche come Plos, alle enciclopedie online come Wikipedia è un esempio importante di queste nuove tendenze più ampie (Creative Commons offre una cornice legale fondamentale a tutto questo, anche se ci sono puristi che non sono d’accordo con il suo approccio che ammette ci siano colori oltre al bianco e al nero.)
Il progetto Ritalia è un progetto basato sulla conoscenza aperta. Si deve tenere presente i suoi obiettivi in ogni momento, altrimenti ci si confonde: l’obiettivo di Ritalia è ripensare il portale online del turismo in Italia. Con il contributo professionale e trasparente di volontari. E’ ridicolo che lo Stato Italiano abbia sbagliato nell’impostare la gara d’appalto che, vinta da IBM con i suoi consorziati ha prodotto un sito che non piace a nessuno? Sì, è ridicolo. IBM potrà avvantaggiarsi di quello che Ritalia produce? Sì.* Questo infastidisce molti…
Ma noi non stiamo lavorando per impedire a IBM di avere successo. Anzi il successo di IBM per definizione sarebbe, innegabilmente, trionfalmente, anche un successo nostro, del gruppo Ritalia. La conoscenza non è un bene scarso e indivisibile, che impoverisce chi la condivide. E’ IBM stessa ad aver capito questo, con il suo investimento miliardario (in dollari) in Linux. Dopo la disavventura con Microsoft su OS/2 (c’è qualcuno che ancora lo ricorda), in cui è stata fregata per la seconda volta dopo il DOS, si sono resi conto che dovevano cambiare le regole del gioco.
Questa partita è diventata adesso parte del tabellone chiamato restrittivamente Open Source, che adesso si deve ridefinire Open Knowledge, dove i processi di consulenza e progettazione non possono più essere ‘chiusi’ ma più sono all’aperto, più producono valore, tanto per il consulente, quanto per il committente e per il pubblico in generale. Elevare il livello generale della discussione permette di stare tutti meglio. I tempi in cui c’era chi approfittava di avere clienti ignoranti che manovra come voleva, tanto arrivava il rinnovo annuo di commesse in marcia automatica sono per fortuna finiti. I clienti informati, attenti e intelligenti sono una benedizione per quel consulente, che desidera lo stimolo e la sfida per garantire la tensione evolutiva che gli permette di rimanere spendibile sul mercato.
Se non tutti ancora hanno capito cosa significa l’Open Source nella programmazione, non c’è da sorprendersi che siamo agli inizi dell’analisi delle conseguenze dell’Open Knowledge nella consulenza. Ma la gara ad approfondirla è già aperta…
*Sotto certe condizioni. Ma questo è per un altro post…
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