Abituato sin da piccolo a guardare oltre, vive il presente con instancabile curiosità ed esplora rotte verso un futuro quando gli umani avranno superato i limiti di spazio e tempo.
David Orban nasce a Budapest da genitori artisti e a 14 anni si trasferisce in Italia con la madre e il nuovo compagno. “Un salto nell’acqua fonda per imparare a nuotare”, un abisso tra l’effervescenza culturale e le complessità dell’Ungheria comunista e il paesino del Veneto di cui sente ancora l’odore dei camion che trasportano barbabietole da zucchero. Se a Budapest frequenta un club di fantascienza, a Lendinara scopre i riti all’italiana, la compagnia degli amici, capisce che la noia non lo annoia, al contrario, è un’opportunità per elaborare. S’accorge di essere duttile e adattabile, virtù che diventano poi filo conduttore delle sue attività imprenditoriali e di divulgatore. Appassionato alla trasformazione – il suo libro preferito da piccolo è “Le avventure di un atomo di carbonio” di Istvan Volly (1966) – impara a mettere in relazione il micro e il macro, i cicli della natura e della storia. Mantenendo una visuale scientifica sul mondo con l’attitudine dell’artista, di cui eredita i geni, conoscere diventa un gioco. Nel suo bagaglio c’è anche il gene culturale del paese natale, culla di scienziati rivoluzionari come Leo Szilard, il primo a concepire la reazione nucleare a catena, Edward Teller, padre della bomba a idrogeno, John Von Neumann, che contribuisce in modo importante alla teoria degli insiemi, la fisica quantistica e l’informatica. Orban diventa parte di quel mondo che guarda al futuro come qualcosa che si può e che si deve capire, che non càpita e basta, ma che si può forgiare e influenzare.
Prosegue sulla traiettoria delle tecnologie dirompenti partecipando a conferenze on e offline tra cui il Singularity Summit, seme della Singularity University fondata nel 2008 dallo scienziato Ray Kurzweil e dall’imprenditore Peter Diamandis nel cuore della Silicon Valley in California, di cui Orban è oggi membro della facoltà e advisor. Ne divulga il lavoro a Milano, dove ha aperto il primo chapter italiano, viaggia per il mondo a parlare del futuro presente ed espande l’impatto delle tecnologie esponenziali in rete con Network Society Research e Network Society Ventures. Inoltre, la scorsa estate, a Cuba, durante la sua prima esperienza offline da quando esiste internet, scrive per Hoepli Singolarità. Con che velocità arriverà il futuro. Una narrazione fluida e ricca di metafore per raccontare quanto la tecnologia abbia creato l’uomo sin dall’invenzione del fuoco, fino al tempo in cui l’aumento dell’aspettativa di vita supererà i 12 mesi l’anno, e statisticamente la gente smetterà di morire.
Ci parliamo online, io a Milano, lui all’Isola d’Elba, dove il cinguettio degli uccelli fa da tappeto sonoro alle sue parole. Una conversazione ricca che tocca tanti temi di oggi. La visione di Orban dell’epoca in cui convivremo con robot più intelligenti di noi e potremo trasferire il nostro cervello in altri corpi è appassionante, ma dobbiamo arrivarci, attraversando il presente scosso da profondi dissesti socio-politici ed economici. Che lui osserva attraverso la lente scientifica. “Una delle grandi conquiste della scienza è la perfettibilità”, racconta. “Mentre una visione dogmatica e religiosa del mondo parte da un presupposto di perfezione, una visione scientifica si rende conto dei limiti ma anche della capacità di superarli. Sia a livello teorico che pratico. La comoda e rinunciataria posizione che la storia si ripete, riduce al qualunquismo. Oggi possiamo influire positivamente sulle cose e altrettanto la nostra capacità di ragionare e costituire sistemi morali ed etici migliora. Quando parliamo di automatismi e macchine, abbiamo spesso una visione ristretta. Un’azienda è una macchina, una società crea automatismi. Accusiamo i politici di essere inerti ma la loro impotenza deriva dal fatto che sono parte di un meccanismo e cambiarlo è oltre la capacità di molti. Quando esprimiamo il desiderio di una leadership forte, in realtà chiediamo di modificare gli automatismi politici e della società intera. Il giudizio delle macchine non è un robot che ti punta il dito. È la capacità umana di costruire sistemi complessi che evolvono verso direzioni desiderabili. Vedo un gradiente statisticamente affidabile che indica un futuro desiderabile, ma non c’è una garanzia del risultato. Si realizzerà solo se lo vogliamo.”
Rinunciare alla privacy è un rischio per la società
Una soglia che Orban indaga è quella tra la libertà e la sua limitazione, per garantire la sicurezza. “Spesso la capacità di analizzare le tensioni è imperfetta. Un esempio di analisi sbagliata e conclusioni poi sbagliate è di credere che sia necessario sacrificare la privacy per migliorare la sicurezza. Prova ne è che quando si chiede ai governi: “Quali azioni terroristiche sono state prevenute grazie ai sistemi di sorveglianza”, mancano risposte concrete. Anche perché con la giustificazione della “sicurezza” non è possibile svelarle. Sacrificare la privacy e implementare una società di sorveglianza universale non solo, secondo me, non sono in grado di prevenire attacchi terroristici ma rischia di sacrificare la capacita della società di evolversi. La ragione è semplice: inizialmente ogni cambiamento è desiderio di una minoranza. Per definizione, perché se fosse condiviso da una maggioranza, sarebbe già in atto. Se io, negli anni Cinquanta/inizio Sessanta, in America, mi fossi innamorato di una ragazza nera e tu assieme ad altri aveste voluto aiutarmi a sposarla, saremmo stati dei criminali, perché il matrimonio interraziale, fino al 1967, era illegale. Se in quegli anni ci fosse stata una società di sorveglianza, come auspicato da molti oggi, il cambiamento d’opinione di milioni di americani sarebbe stato estirpato alla radice e la legge che sancisce il cambiamento di opinione non sarebbe potuta avvenire. Analogamente il prossimo comportamento universalmente accettato non potrà essere adottato dalla maggioranza nel momento in cui, oggi, insistiamo a eliminare la privacy. Questo porta a una società rigida e incapace di adattarsi alle esigenze del futuro.”
Le tecnologie esponenziali ci stanno cambiando
Mentre i governi cercano di reprimere le libertà o controllarle, cresce il potere decentralizzato di persone che, con l’ausilio delle tecnologie, sono in grado di auto-produrre energie e cose, monitorare la propria salute e apprendere, aggregarsi attorno a interessi e principi comuni, condividere. Il think tank Network Society Research analizza e catalizza questo fenomeno capillare sempre più diffuso: “E’ un’organizzazione nata nei social network e senza di loro non potrebbe esistere. Tutti i rappresentanti di Network Society Research, attualmente in oltre 35 paesi, si sono auto-selezionati. Dall’Etiopia a Taiwan, i nostri ambasciatori si sono spontaneamente avvicinati alle nostre idee. Sia la think-tank, sia Network Society Ventures, il fondo d’investimenti che seleziona start-up su cui scommettere con capitali per accelerare la loro crescita, nascono da un’analisi di come le tecnologie esponenziali stanno cambiando il mondo e quali conseguenze porteranno. Ritengo che nell’evoluzione della nostra capacità di aggregare persone per raggiungere degli obiettivi è arrivato il momento, dopo quattrocento anni, per lo stato-nazione di cedere il passo. Non necessariamente cesserà di esistere, ma reti di appartenenza più duttili saranno complementari a una cittadinanza o una residenza geografica. Talvolta potranno anche essere in conflitto, ma nasceranno nuovi equilibri. E’ un grande movimento che si sta già esprimendo. Brexit ne è parte. Anche se penso che sia una decisione antistorica, mostra che la maggioranza della popolazione inglese è frustrata, che c’è profonda incertezza verso un futuro che sente di non poter controllare. Tutto verissimo e quasi universale nelle nazioni europee e non. Il Regno Unito dovrà rinunciare a vantaggi commerciali e tecnologici che faticherà a riguadagnare, e questo è penoso, ma il fatto che quel referendum sia stato possibile è una conquista. 150 anni fa, quando qualche stato del Sud negli Stati Uniti voleva uscire dall’Unione, quelli del Nord dissero: “Piuttosto vi ammazziamo.”
Una forte spinta evolutiva sta venendo dalla tecnologia del Blockchain, che i più conoscono in relazione al Bitcoin. “Bitcoin sta a Blockchain come l’email sta a internet”, spiega Orban. “Le tecnologie Blockchain, sottostanti il Bitcoin, promettono di rendere automatizzabili attività che prima erano manuali, come gli accordi legali, notarili o la gestione di proprietà, attraverso i cosiddetti “smart contract”. E si potrà misurare la reputazione, che è leva d’azione verso ciò che una persona può ambire a fare.”
Valute elettroniche e politica monetaria
Il fondo Network Society Ventures investe in start-up ad alta tecnologia con alta tecnologia: “La gestione degli investimenti è affidata a una piattaforma software che consente di identificare e filtrare in modo rapido le opportunità. Il nostro obiettivo è di mettere la piattaforma in open source per creare un ecosistema di fondi d’investimento e soluzioni che collaborano nel rendere sempre più affidabile il processo, migliorarlo, accelerarlo e snellirlo. Stiamo capitalizzando con monete tradizionali e anche in Bitcoin ed Ethereum, strumenti ancora agli inizi e molto promettenti legati alla tecnologia Blockchain.”
Come funzionano? “La tradizionale politica macroeconomica è regolata dalle banche centrali, che hanno un obiettivo principalmente inflazionario del 2%”, spiega ancora Orban. “Usano la leva dei tassi d’interesse per stimolare l’economia con il credito frazionario, l’emissione di buoni del tesoro e altri strumenti, per immettere denaro nell’economia secondo quello che ritengono giusto. La filosofia di Bitcoin ritiene che non ci sia bisogno di intervenire a livello centrale e c’è un algoritmo che produce la moneta digitale con una scadenza che è stata di 25 Bitcoin ogni 10 minuti e che da poche settimane si è dimezzata. Ora ogni 10 minuti nascono 12,5 Bitcoin, assegnati in modo casuale ai cosiddetti miner, coloro che gestiscono i computer che tessono la rete di fiducia nel Bitcoin. La quantità totale che entrerà in circolazione è fissata a 21milioni di Bitcoin e sarà raggiunta nel 2140, ma proprio perché si tratta di un progressivo dimezzamento, cioè di un esponenziale inverso, già nel 2030 saranno stati prodotti il 90% di Bitcoin. Questo ha un effetto deflazionario e in una maniera quasi automatica la cripto moneta si apprezzerà rispetto ad altre unità di conto. Secondo molti economisti tradizionali è una bestemmia, perché vedono la deflazione degli anni Trenta come una spirale molto pericolosa. La differenza è che quella nasceva da una depressione della domanda, mentre la scarsità del mezzo di pagamento, quindi il suo apprezzarsi nei confronti dei beni a esso accostati, non vuol dire che il bene varrà meno e nemmeno che sarà minore il desiderio di averlo. Questo rende Bitcoin anche ecologicamente più sostenibile perché impedisce che spese futili siano incentivate dall’inflazione dell’economia attuale.” Come risponde Orban al recente hackeraggio di Bitfinex, una delle più grandi agenzie di cambio di cripto monete al mondo? “L’automazione dei sistemi finanziari promessa da Blockchain richiede un livello di attenzione alla sicurezza del codice senza precedenti. Se ci potevamo permettere un bug nel PC che ogni tanto si riavviava all’improvviso, oggi che sono in ballo le sorti finanziare del mondo, dobbiamo implementare meccanismi che rapidamente individuano e correggono le falle del software.”
Orban è stato tra i primi al mondo a farsi inserire un chip Nfc sottopelle. Tra l’indice e il pollice serba le chiavi private del portafoglio Bitcoin, e in luoghi attrezzati per interagire con questa tecnologia può accedere ad aree riservate e compiere diverse transazioni. Il suo scopo è di allargare la conversazione su una realtà che per molti è ancora fantascienza.