Le etichette di estroverso e introverso rappresentano gli estremi della stessa moneta. In realtà siamo tutti ambiversi, adattiamo dinamicamente i nostri filtri secondo le necessità.
Comunicare, sia creare o scrivere qualcosa che sia un output, oppure input attraverso l’ascolto e la lettura, richiede sia uno sforzo cognitivo che un’energia fisica. È un componente necessario della nostra vita. Quando siamo nati, siamo tutti estroversi naturalmente: sei stato vicino a un neonato affamato? Non sarà timido per i suoi bisogni!
Il ruolo di modulare la nostra comunicazione istintiva viene rapidamente acquisito e comprendiamo come massimizzare il beneficio minimizzando lo sforzo. E c’è una necessità definitiva per la capacità di analizzare e assorbire i nostri stati interni. Il cervello addormentato lo sa molto bene. Il processo può avvenire su più livelli e se non ci sentiamo estroversi ad un certo punto, se siamo introspettivi e pensierosi, accettarlo è importante e sfruttarlo per essere pronti a comprendere il luogo in cui si trova la sintesi del processo ci porterà.
Piuttosto che essere inscatolati da etichette pigre in bianco e nero, cerchiamo di lavorare per una comprensione più sfumata della nostra natura e delle esigenze in evoluzione che possiamo comprendere individualmente e condividere empaticamente.