Ho parlato di Intelligenza Artificiale avanzata e robot umanoidi alla conferenza “Idee per il futuro” a Roma. Ecco la registrazione video del mio intervento, a 1 h 50 min dall’inizio della live, seguito dalla trascrizione revisionata, insieme alle domande dal pubblico.
La tecnologia ha creato l’umanità. Noi ci siamo coevoluti con le nostre invenzioni. Il fuoco, per esempio, ci permette di predigerire il cibo che ingeriamo. A differenza dei nostri cugini gorilla o altre scimmie antropomorfe che condividono con noi il 98% del DNA, loro dedicano una gran parte della giornata semplicemente a procurarsi le calorie, ingerirle e digerirle. Noi magari ci fa piacere avere dei bei pranzi di due o tre ore, però lo facciamo per scelta, perché l’utilizzo del fuoco ci permette di nutrire il nostro corpo con grande efficienza. Il nostro sistema digestivo si è adattato biologicamente a questo fatto. Questo è solo un esempio per evidenziare che noi siamo caratterizzati da questa componente tecnologica di cui dobbiamo responsabilmente approfittare.
Pensate, i poveri dinosauri… Non avendo i telescopi non potevano vedere che stava arrivando l’asteroide che ha portato alla loro estinzione. Noi questi telescopi, sia concreti che metaforici, li abbiamo e quindi è bene che li utilizziamo.
Le trasformazioni che ci hanno coinvolto sono così profonde da rendere irriconoscibile il mondo. Ma anche il mondo del passato ha delle caratteristiche che lo rendono irriconoscibile a noi. Our World in Data mostra il grafico della mortalità materna negli ultimi 200 anni che crolla precipitosamente. Immaginate come doveva essere il mondo in cui una gravidanza rappresentava un pericolo concreto di morte. Con famiglie numerose, immaginate un mondo in cui era quasi garantito che uno dei vostri figli non arrivasse oltre i cinque anni d’età. È un mondo in cui io psicologicamente non riuscirei a identificarmi, proprio non riuscirei a concepire come vivrei in un mondo così.
Ecco un esempio più recente, cent’anni fa, ho fatto un calcolo approssimativo. L’Italia era un paese di grandi emigrazioni. Il reddito annuo di una famiglia permetteva di comprare un paio di biglietti per andare da Roma a New York in terza classe e ci si metteva due settimane. Confrontato a oggi dove non dico che sia universale, ma all’incirca un paio di settimane di stipendio ti compra un biglietto aereo sempre da Roma a New York. Invece di metterci due settimane, la mattina sali e la cena la fai già tranquillamente lì.
Un altro esempio: quanti film degli anni ’50 o ’60 vedono degli amori intercontinentali? Dieci minuti di telefonata potevano costare 400-500 euro. Doveva per forza essere una corrispondenza a lettere scritte perché pochi si potevano permettere di sentirsi a voce. E oggi? La cosa è talmente cambiata che è letteralmente gratuita, non vale neanche la pena di misurare il costo di una videochiamata ovunque sia sul pianeta.
Cambiamenti importanti che non solo continuano ma accelerano. Li vediamo in tantissimi ambiti diversi che si intersecano e si rafforzano vicendevolmente.
Voglio mettere in evidenza solo due ambiti in particolare e vedere che tipo di analogia può aiutarci a capire e decifrare le conseguenze. Il primo è quello dell’intelligenza artificiale. Così come la capacità di trasportare beni o persone su tutto il pianeta è diventata abbondante, o la capacità di comunicare è diventata abbondante, quello che diventerà abbondante attraverso l’intelligenza artificiale è la capacità di ragionare. Ragionare assieme ai nostri strumenti che ci affiancano non più in un mero calcolo, come può essere letteralmente la calcolatrice, ma che ci affiancano per affrontare, analizzare e superare meglio problemi semplici o complessi.
La seconda tecnologia che voglio mettere in evidenza è quella dei robot umanoidi. Robot che, a differenza di quelli industriali di cui l’Italia è uno dei leader mondiali, non devono più essere isolati in gabbia perché pericolosi. Questa nuova generazione di robot, dotata di intelligenza artificiale, avrà modo di applicare il buon senso a quello che sta effettivamente facendo, pianificando le proprie azioni. Quindi sarà liberata da queste gabbie pre-costituite e farà da anello di congiunzione a tantissimi processi. Saranno non solo nelle nostre fabbriche ma anche nelle nostre case, con un tasso di produzione di queste unità che alcuni prevedono potrà raggiungere un miliardo di pezzi all’anno entro una decina d’anni.
Quindi quello che fondamentalmente definiva l’economia e le varie misure come il prodotto interno lordo, che magari variavano per un’economia meglio organizzata di un’altra, ma in fin dei conti erano proporzionali al numero di persone che potevano lavorare, adesso si disaccoppierà completamente. Una nazione, grande o piccola che sia, potrà produrre quanto vuole perché sarà solo funzione di quanti robot potrà produrre ed impiegare.
E cosa significherà questo? Innanzitutto io sono nella posizione privilegiata di non essere né un politico né un regolatore e quindi non devo pretendere di avere le risposte giuste. È una posizione impossibile di questi nostri colleghi eletti o messi in un posto dove devono pretendere di sapere quello che succederà. Io spero che aumenti la nostra tolleranza nei confronti di quei politici o regolatori che dicono “Guarda, sto facendo del mio meglio assieme a tutti voi, ma se mi chiedete di avere la sfera di cristallo, mi chiedete di dire una bugia o una serie di bugie anche magari pericolose”.
Però c’è una grande potenza evocativa in analogie che possono portarci su una strada per interpretare le conseguenze del futuro che arriva in base ai vari parametri che abbiamo visto. L’analogia che vi vorrei offrire oggi è quella di un bambino neonato a cui non viene chiesto di dar conto di quanti respiri fa. Respira, certo, perché l’ossigeno è abbondante. E quando arriva ai 18 anni nessuno gli dice “Ok, allora adesso che stai cominciando a lavorare devi ripagare questo numero di respiri che hai fatto”.
Possiamo cominciare a cercare di decifrare come potrà funzionare un mondo dove, grazie all’intelligenza artificiale e ai robot umanoidi, la produttività economica sarà avanzata al punto da estendere questo concetto ad altre cose che oggi sono scarse e che invece in futuro saranno abbondanti. Dobbiamo cominciare a pensarci adesso perché ci saranno altre conseguenze radicali e rapide. Quello che finora ha definito la vita e spesso anche la dignità di una persona, cioè il suo lavoro, cambierà totalmente. Chiedere di adattarsi a un cambiamento è ragionevole, però è anche giusto che ognuno riconosca che ci sono limiti a questa adattabilità. Quindi costruire una società che può capire come sostenere, come promuovere una vita che comunque abbia dignità e proposito in modo inclusivo per tutti è la sfida più importante che abbiamo di fronte. Grazie.
Domande dai moderatori e dal pubblico
Francesca Ponzecchi: Quando parliamo di intelligenza artificiale generativa, di che cosa stiamo parlando? E soprattutto, qual è l’impatto nella nostra vita, nel presente e soprattutto nel futuro prossimo?
David: Mia madre è una pittrice, io non ho mai acquisito la capacità di esprimermi in modo visivo, disegnando o dipingendo. Tutte le slide che avete visto le ho fatte io utilizzando una piattaforma chiamata Mid Journey, componendo la descrizione testuale delle immagini che poi ho voluto realizzare, eventualmente variando, ma in pochissimo tempo, letteralmente poche decine di minuti, perché sapevo cosa volevo dire. Quello serve sempre.
Quindi vedo nella potenza dell’intelligenza artificiale generativa proprio questa forza moltiplicatrice di creatività e di espressività, non solo in termini visivi. Quanti di voi hanno usato ChatGPT? Ottimo, mettiamo metà delle persone. Quanti di voi hanno WhatsApp? Ok, tutti avete WhatsApp praticamente. Quelli che non hanno alzato la mano non stavano attenti.
Perché ho chiesto la seconda cosa rispetto alla prima? Perché WhatsApp comunque è qualcosa che dieci anni fa uno non aveva. Magari se vi dicevano di adottarlo rispondevate “Ma a far cosa? Non mi interessa, non mi serve, lasciami stare”. E con questi strumenti che vi permettono di dialogare e di esplorare concetti, idee, raffinarle – cose che poi magari verificate, mi raccomando, anche a parte – è qualcosa che potete, anzi vi chiederei, dovete adottare al più presto. Almeno provatelo, sporcatevi un po’ le mani per cominciare a percepire il futuro in cui saranno universali, tutti li utilizzeremo. Quindi immagini, testi, ma anche canzoni, video, tante cose si possono fare oggi con l’intelligenza artificiale generativa.
Francesca: Quando invece parliamo di intelligenza artificiale generale, chiaramente facciamo un salto nel futuro. Ti chiederei quindi come vedi lo sviluppo dell’intelligenza artificiale? Come ti prospetti possa essere un futuro in cui l’intelligenza artificiale ha avuto un’evoluzione repentina come quella che sta avendo in questo momento?
David: L’intelligenza artificiale è un campo scientifico e ingegneristico che possiamo chiamare un po’ masochista perché non appena raggiunge dei risultati anche strabilianti, subito specialisti del campo dicono “Eh ma quello non conta, quello è solo calcolo meccanico”. Nei decenni passati abbiamo fatto tantissimi passi dove è successo esattamente questo.
Negli anni ’90 un programma di IBM ha battuto il campione mondiale di scacchi, Kasparov. Deep Blue, come veniva chiamato, è stato immediatamente scartato come qualcosa che non contasse. Oggi le cose che l’intelligenza artificiale è in grado di fare sono strabilianti, da fantascienza. Eppure ci abitiamo talmente rapidamente a questi risultati che non ci facciamo più neanche caso di quanto siano potenti.
Quello che adesso sta per succedere è che i diversi moduli, se vogliamo chiamarli molto banalmente, vengono integrati assieme, sono in grado di comunicare fra di loro, un po’ come i talenti diversi che possiamo avere. Ci sono persone che sanno sia disegnare, che parlare, che ballare. Benissimo. E così sarà in grado di fare l’intelligenza artificiale. Così come noi applichiamo i nostri diversi talenti ad analizzare i problemi, affrontarli, raccogliere le risorse per risolverli e vedere qual è il prossimo problema che vogliamo affrontare, così sarà in grado di fare l’intelligenza artificiale.
Nel momento in cui questo avvenga o avvenisse, e io ritengo che avverrà, allora parleremo di intelligenza artificiale generale. Sicuramente ci saranno persone che diranno “Eh ma quello non conta” e si porranno subito il prossimo obiettivo. Però sarà un momento veramente uno spartiacque. Perché già oggi umilmente possiamo riconoscere che ci sono cose che non sappiamo fare, che altre persone sono meglio di noi. Ci sono talenti naturali nella musica, nel calcolo, in tanti ambiti. Nel momento in cui ci saranno sistemi ugualmente talentuosi come le persone più avanti nel particolare campo, in ognuno dei campi, allora ci sbalordiremo davvero. Ed è per questo che questo momento sarà uno spartiacque.
Se lo chiedevate tre, quattro anni fa, gli esperti magari vi dicevano “Ma chissà, 10, 20 anni, 30, magari mai”. Le opinioni potevano essere un po’ dappertutto. Gli ultimi risultati, che sono poi visibili e toccabili in questi strumenti che ho menzionato, hanno portato gli esperti a cominciare a convergere su date molto più prossime. E oggi ci sono quelli che dicono che questo spartiacque radicale potrà arrivare entro due o tre anni.
Francesca: Cosa significa secondo te progettare un futuro di coabitazione tra esseri umani e robot umanoidi? E soprattutto che tipo di implicazioni comporta questo dal punto di vista sociale ed etico sul ridisegno della società?
David: Parliamo prima degli uomini perché è fondamentale che la trasformazione avvenga in una maniera diversa rispetto a una trasformazione avvenuta cent’anni fa, quando abbiamo sostituito i cavalli con le automobili. Ci sono delle immagini impressionanti della quinta strada a New York nel 1914, strapiena di cavalli e di carri trainati dai cavalli. Addirittura c’erano conferenze internazionali su come affrontare il problema degli escrementi dei cavalli che si accumulavano esponenzialmente e avrebbero sommerso tutte le città. Il problema poi si è risolto e la fotografia di dieci anni dopo fa vedere la stessa quinta strada, tutta piena di macchine e forse c’è un carro ancora con i cavalli. Cosa è successo ai cavalli? Li abbiamo mangiati, per quelli che lo fanno, gli altri sono diventati colla o qualunque altra cosa.
È uscito proprio un rapporto di una fondazione recentemente, tremendamente intitolato “Stavolta siamo noi i cavalli”. Deve essere, invece che una profezia che si autoavvera, una profezia che si autoannulla, che mette in evidenza l’assurdità di questa affermazione. Quello che noi dobbiamo capire è che effettivamente i mezzi di produzione devono beneficiare le persone e dobbiamo trovare un patto sociale che permetta di includere in questo cerchio dei benefici le persone che esistono nella società.
Il patto sociale americano è all’esatto opposto, perché dice che il tuo valore è uguale al tuo output economico e quando questo va a zero perché perdi il lavoro, il tuo valore va a zero e puoi andare a morire in un fosso. Il patto sociale europeo è un po’ più morbido, ci sono le reti di protezione sociale che dicono “Mi raccomando, datti da fare e poi prima o poi devi essere autonomo nel sostenerti”. Ma la possibilità di dire per esempio ai camionisti cinquantenni che nel momento in cui i camion si guidano da sé non è un problema, perché tanto possono diventare web designer… Quello ti tira un pugno e ha ragione, perché è una presa in giro che questo sia una possibilità reale.
Quindi dobbiamo essere più coraggiosi, più creativi, più inventivi, pieni di leadership anche di tipo politico per inventare quello che può funzionare. Siccome non c’è la risposta pronta, questo può avvenire solo attraverso una continua sperimentazione, non solo locale ma globale, dove non dobbiamo tralasciare la possibilità di individuare quello che davvero funziona e senza remore adottarlo. Perché solo così possiamo effettivamente capire come non andare a finire come i cavalli.
Francesca: Qual è l’impatto ambientale di questo tipo di percorso che stiamo affrontando?
David: L’impatto può essere enorme quanto vogliamo o piccolo quanto vogliamo, dipende dalla scala tecnologica in cui ci posizioniamo. Il 90% del mondo che ci circonda sarebbe impossibile con le tecnologie medievali, impensabile. E se qualcuno assurdamente tentasse di calcolare cosa sarebbe necessario per realizzare solo anche una frazione delle cose di cui noi godiamo tutti i giorni con quelle tecnologie, scoprirebbe che bisognerebbe sacrificare il mondo intero solo per far vivere una città come Roma agli standard di oggi.
Il progresso tecnologico è quello che ci permette di sopperire alle inefficienze che causano i danni. È l’insostenibilità ad essere insostenibile e nel momento in cui ce ne accorgiamo facciamo sì che venga eliminata questa inefficienza. Un esempio è la qualità della vita delle nostre città. I racconti e i romanzi vittoriani che rappresentano una Londra quasi invivibile appartengono al passato. Le nebbie di Londra non ci sono più perché l’inquinamento che causava quelle nebbie è sparito.
Ci sono degli studi ancora più sorprendenti, come per esempio l’utilizzo dei carburanti con gli additivi al piombo che possa aver causato ondate criminali negli anni ’80 perché crescevano bambini con deficit cognitivi importanti. Quando abbiamo eliminato il piombo dai carburanti queste ondate criminali sono sparite, e non necessariamente questo sparire della criminalità era dovuto al tasso di incarcerazione che ha risolto i crimini. Quindi dobbiamo riconoscere la potenza delle trasformazioni radicali che la tecnologia ci può portare.
Oggi siamo lì, nel momento in cui leggete un articolo che dice “Non possiamo abbracciare l’intelligenza artificiale perché consuma tutta l’elettricità che abbiamo a disposizione”… Potete tranquillamente riconoscere che l’elettricità non è una quantità finita, è proporzionale a quanta ne produciamo. E siccome un grande fattore di crescita nella produzione elettrica oggi è rappresentata dall’energia solare, nel momento in cui lo calcolate abbiamo mille volte a disposizione la quantità di oggi, semplicemente se vogliamo cominciare a raccoglierla.
Quindi possiamo operare in modo sostenibile e far crescere la nostra economia a livelli oggi letteralmente impensabili, non solo non distruggendo l’ambiente, ma migliorando l’ambiente, abbassando l’impatto che abbiamo oggi sul pianeta.
Francesca: Chiudo questa prima parte della nostra chiacchierata con un tema che mi è molto caro, che è quello della transizione consapevole. Cioè il livello di consapevolezza nel capire come questo percorso in realtà sia una grandissima opportunità e non invece un percorso che ci deve fare paura, soprattutto per quanto riguarda l’impatto della tecnologia sulla modifica di tutte quelle che sono le regole sociali. Volevo capire da te, secondo te, qual è il giusto equilibrio tra cogliere questo momento come una grandissima opportunità e non invece farsi fermare dalla paura di affrontare il nuovo che sta arrivando.
David: Stavo per intervenire contraddicendoti, invece ti sei salvata con l’ultima espressione, perché è naturale aver paura. Anzi, sarebbe strano che non avessimo paura dell’incognita e dell’ignoto che abbiamo davanti. Non sarebbe sano. Invece, farsi paralizzare dalla paura è, come il coniglio davanti ai fari della macchina, una reazione mortale.
Non è sufficiente lasciare che se ne occupino le future generazioni. Dire che cominciamo con la scuola perché così i giovani che crescono, o investiamo in una nuova generazione di insegnanti che poi avranno la mentalità… Parliamo di 50 anni se è questo il programma. E magari non ci crederete, quindi ci troveremo fra un paio d’anni, ma se è vero che fra due anni ci saranno questi sconvolgimenti e se è vero che fra dieci anni i robot umanoidi verranno prodotti a un miliardo di pezzi all’anno, allora non abbiamo 50 anni davanti.
Ed è per questo che bisogna mettersi in gioco tutti, a prescindere dall’età, a prescindere dalla posizione sociale o economica o dal prestigio acquisito o presunto, e riconoscere che siamo tutti nella stessa situazione, fianco a fianco. E magari anche gioiosamente scoprire cosa funziona, cosa non funziona, con anche divertimento, ironia, tolleranza per l’errore, in modo da, se non addirittura trovare le risposte, che forse è molto ambizioso, sapere che cominciamo a fare le domande giuste.
Francesca: Qual è l’impatto dell’intelligenza artificiale su un sistema economico prevalentemente formato in Italia da piccole e medie imprese?
David: Allora, bisogna distinguere tra le imprese che realizzano questi strumenti, dove gli investimenti oggi sono molto importanti. Parliamo di decine e presto centinaia di miliardi di dollari necessari per porre le basi che poi fanno nascere questi strumenti. Quindi no, una PMI italiana non potrà ambire a realizzare strumenti di questo tipo. Sarebbe addirittura necessario un cambio di paradigma anche a livello europeo, dove troppo spesso ancora parliamo di campioni nazionali di un ambito o di un altro, senza renderci conto che nessuna nazione europea è pronta oggi a mettere in ballo 100 miliardi di euro per un sistema di intelligenza artificiale. Lo possiamo fare solo se pensiamo a livello europeo e non a livello di singola nazione.
Ma proprio perché questi strumenti si basano su un’infrastruttura che abbiamo costruito negli ultimi 20-30 anni pervasiva – le reti cellulari, gli smartphone che abbiamo tutti in tasca, la facilità di utilizzo che oggi riconosciamo e pretendiamo al punto che quando c’è un sito web di un’impresa o dei servizi che ci offrono le strutture regionali o nazionali, vediamo e giudichiamo quando non funzionano, lo sappiamo quando non funzionano – ecco, questo insieme di circostanze fa sì che tutti possano approfittarne.
Quindi il mio richiamo di prima, quando dicevo quella metà di voi che non l’ha ancora usato, che lo usiate, vale non solo a livello individuale e personale, ma anche a livello aziendale. Molti di voi qua siete dirigenti, imprenditori, leader che decine o centinaia o migliaia di persone seguono, date loro un input. Così come usate il personal computer, i cellulari, usate anche questi strumenti. Capire esattamente come, non è ancora possibile, ma di esempi ce ne sono in ogni ambito, letteralmente qualunque dipartimento – legale, marketing, progettazione, pianificazione, vendite – ogni dipartimento aziendale ne può approfittare a suo modo, in modo da capire come funziona.
Domande dal pubblico
Q: Proprio in questa sala, più di una volta, il compianto Domenico De Masi, lo ricordava il Presidente, lo ricordava il Segretario Generale, in uno dei suoi tanti incontri parlava che da qui a poco tempo l’uomo, la specie umana, avrebbe avuto più tempo libero. E quindi bisognava completamente andare a riorganizzare la vita di noi umani, perché avremmo lavorato di meno, decisamente di meno, avremmo avuto molto più tempo a disposizione.
Questo discorso veniva fatto da Domenico De Masi 4-5 anni fa. Parlare oggi di un passato di 4-5 anni fa è come parlare su questi temi di Era Glaciale. Se il visionario Domenico De Masi 5 anni fa parlava che avremmo avuto tutti più tempo, io però devo dire che questo tempo libero ancora ce n’ho poco, ma… Un domani, quando questo miliardo di umanoidi entreranno a far parte della nostra vita sociale, ma non soltanto lavorativa, ma anche a livello di casa, ma che cosa succederà? Effettivamente vivremo un’era dove passeremo la nostra vita tra un bagordo e l’altro, insomma ci andremo a divertire in continuazione?
David: Non so se tuo nonno o magari bisnonno o trisnonno, ma ad un certo punto sicuramente arriveremmo ad un punto dove, chiedendo ad un nostro antenato, lui o lei ci guarderebbero e direbbero “Ma cosa stai dicendo? Ma tu non hai lavorato un giorno in vita tua! Quello che fai per me non è lavoro. Il lavoro è zappare la terra dall’alba alla sera, perché se non lo fai tutti i giorni muori di fame”. Perché era quella la vita di tutti i nostri antenati, eccetto quelli che andavano a combattere o quelli che si facevano preti, ma era uno su mille. E tutti gli altri si adoperavano perché nessuno o il numero minore possibile di persone morisse di fame. E le carestie erano frequenti.
E oggi invece siamo in una posizione dove l’1 o il 2% della popolazione produce il cibo per il 100%. È successa la stessa cosa con il lavoro industriale, anche quello radicalmente trasformato grazie all’automazione. E una gran parte dei lavori nei servizi potrebbero essere trasformati da una radicale automazione che lo renda più snello, più efficiente. Se lo vogliamo fare o meno dipende anche da noi.
Sto cercando di pescare con la mente degli esempi che magari sono meno indelicati di altri, ma mi sembra di capire che in Italia nei tribunali sia possibile far viaggiare documenti esclusivamente elettronici, se non che negli ultimi anni si è sviluppata un’abitudine della copia cartacea di cortesia, che avvocati, giudici, difensori dell’accusa eccetera si scambiano tra di loro pretendendo che sia più elegante, sicuramente più borbonico e molto più roboante, ma radicalmente meno efficiente. Quindi loro oggi, io mi sento di affermare, derivano un senso del proprio essere dal creare inutili arzigogoli. E sarà una nostra scelta anche futura. Se vogliamo tenerci occupati perché altrimenti impazziamo, quello sarà una scelta di direzione che potremo fare.
Se invece riusciremo a trovare un senso nella nostra vita che non sia quello di essere impegnati in qualcosa a prescindere dalla sua utilità perché vogliamo sentirci importanti, ma che misuriamo magari nel quanto bene fa alle altre persone, di cose di cui essere orgogliosi ce ne saranno tantissime da fare insieme ad AI e robot, e insieme ad altre persone che si appassionano di cose interessanti, utili e di grande valore.
Q: Cambieranno tanti mestieri, però quello che rimarrà è la cura della persona. E quindi la cura mi fa pensare alla relazione, che penso sia qualcosa che un robot non potrà darci. Poi me lo può spiegare lei, possono fare tutto?
David: Ecco un esempio: la regolamentazione europea sull’intelligenza artificiale esclude applicazioni che manipolino le emozioni. Ieri Bill de Blasio ci ha parlato della salute mentale e di quanto sia importante togliere pregiudizi e di essere in modo più trasparente in grado di discutere il fatto di quanto lo stress, la pressione della vita ci colpisce ognuno, e quanto siano pervasivi stati di angoscia o anche di depressione.
Ebbene, democratizzare l’accesso a dei servizi di profilazione e di primo intervento per il miglioramento della salute mentale attraverso l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale in Europa sarà impossibile. Perché quegli strumenti hanno lo scopo di influenzare le emozioni delle persone, ribaltandole da uno stato complesso di emozioni negative progressivamente in emozioni positive. Funziona? Non funziona? Non lo sapremo mai. E l’accesso vitale ad uno psicologo o ad uno psichiatra sarà così scarso come lo è oggi.
L’esercizio però che io vorrei che faceste è più radicale. Presumete che non ci siano comodi rifugi, nicchie di preferenza o nicchie protette dove gli esseri umani che hanno bisogno, perché sono deboli, di questa protezione economica si rifugiano, senza partecipare all’esplosivo aumento delle opportunità economiche in un ambiente più aperto. No, immaginatevi che queste protezioni non ci siano, che tutto sia possibile, e disegnate un’immagine mentale di una vostra vita dignitosa in quel mondo, realizzando quanto sia complicato e difficile. E quindi è questo che io vorrei.
Q: Nella prima slide che lei ha proiettato era scritta una frase che devo dire trovo quantomeno paradossale: “La tecnologia ha creato l’umanità”. Sinceramente non lo capisco, a me sembra che sia stato il contrario. Però può darsi che lei lo faccia per motivi… Io vedo che lei è estremamente ottimista per quel che riguarda il futuro. Cosa pensa della sostituzione da parte del silicio nei confronti del carbonio?
David: Allora, sicuramente quella frase è provocatoria. Infatti dopo, ho parlato di coevoluzione, di come un progresso tecnologico sia seguito da un adattamento. Però è indubbio che la biologia non può tenere il passo. Cioè, 100 mila anni fa, o magari anche un milione, abbiamo cominciato ad usare il fuoco e la nostra flora batterica è tale da oggi preferire cibo cotto. Questo però non significa che domani avremo i pollici più forti perché i nostri figli nasceranno da padri che usavano WhatsApp molto a lungo.
Per quanto riguarda l’evoluzione della tecnologia, la sua rapidità fa sì che la biologia dell’evoluzione tradizionale assolutamente non possa tenere il passo. Io voglio andare nello spazio e magari riuscirò ad andare in orbita, ma no, io voglio fare viaggi interstellari. I sogni da fantascienza di razzi spaziali che portano esseri umani sulle altre stelle sono infantili. E un po’ alla volta ci abitueremo all’idea che l’umanità oggi è sulla Terra, magari domani sarà su Marte, ma che possa stabilirsi tra le stelle progressivamente è più improbabile.
E la numerosità della nostra progenie di silicio o di qualunque altro materiale sia di tipo non biologico, in proporzione sarà enormemente più alta. Cioè, già oggi Marte l’abbiamo colonizzata. Ma ci sono tutti i robot su Marte, di esseri umani non ce ne sono ancora. E questa proporzione rimarrà nel Sistema Solare e anche tra le stelle. Magari invece di essere 8 miliardi di persone saremo 8 mila miliardi o 8 milioni di miliardi, non importa il numero, ma il numero di organismi non biologici complessi – le chiameremo persone o non le chiameremo persone, è un’ altra domanda molto complessa – questi esseri saranno in un numero enormemente maggiore. Un umano contro un milione di questi qua o un miliardo di questi qua.
Q: E il paradosso di Fermi?
David: Enrico Fermi insieme ad Oppenheimer, Robert Oppenheimer, avrete magari qualcuno di voi visto il film, lavoravano al progetto Manhattan nel deserto limpidissimo del Nuovo Messico. Fumavano entrambi, ogni tanto si stufavano del lavoro intensissimo, uscivano, era notte fonda. E guardavano questo cielo con incredibili immagini di stelle, la Via Lattea magari, che già sapevamo allora è costituita da miliardi di stelle. E non so se avevano gli occhi buoni abbastanza, ma ad occhio nudo, se hai gli occhi buoni, è visibile anche Andromeda, un’altra galassia lontana due milioni di anni luce, anche quella costituita da miliardi di stelle.
E si sono chiesti, ma dove sono tutti quanti? Come mai non vediamo lo spazio che brulica di vita, che brulica di intelligenza? E nonostante l’esplosione di interesse degli ufologi che sostengono che le risposte le abbiamo già, la maggior parte delle persone che mette un attimo di attenzione al problema si rende conto che no, non abbiamo nessuna risposta. C’è addirittura un libro, “75 risposte al paradosso di Fermi”. Cioè dove sono tutti quanti? Dove sono?
Perché questo conta? Perché 13 miliardi di anni di evoluzione dell’universo hanno prodotto quello che sappiamo essere noi, il nostro cervello, un chilo di massa che è in grado di aprire gli occhi e osservare la bellezza dell’universo, meravigliarsi della complessità della vita e chiedersi che cosa succederà nel futuro. E non abbiamo nessun esempio che questo sia successo altrove. Ed è per quello che la nostra vita e addirittura il nostro momento è così unico e prezioso. Perché se facciamo un passo falso, che sia attraverso una guerra termonucleare, una pandemia che non riusciamo a fermare o tanti altri disastri, e la nostra avventura si ferma, l’universo torna indietro di 13 miliardi di anni. E non è detto che trovi la strada ancora per produrre qualcosa come noi, che ama, che crea arte, che prova meraviglia. E quindi contano le nostre decisioni, davvero, in una maniera sproporzionata, spropositata.
Q: Pensa che il cosiddetto reddito di base universale possa essere una risposta alla mancanza di lavoro nel futuro?
David: Le persone possono non trovare lavoro per tante ragioni, e si trovano in una situazione sicuramente molto difficile. È troppo facile dirgli “Ma ti devi dare da fare”. Mettiamo che sia il 10% delle persone senza lavoro. Nel mezzogiorno una percentuale più alta, tra i giovani ancora più alta. Giovani, donne al mezzogiorno, peggio che peggio. Quando magari raggiungono il 50% della popolazione, se aggiungiamo filtro dopo filtro, è evidente che non è questione di darsi da fare.
Dall’altra parte anche arruolare persone a fare cose tanto per occuparle e per giustificare che vengano pagate è poco dignitoso e magari anche poco efficiente, perché quei lavori fatti ad arte servono sì, servono no, e poi magari le persone che le fanno non le fanno al meglio perché non sono portate, non sono preparate o non lo fanno volentieri.
Prevedo che così come è avvenuto nel passato arrivando ai tempi nostri, continuando aumenteremo i nostri gradi di libertà. Aumenteremo la possibilità di sperimentare e di cercare per trovare quello che funziona.
Provocatoriamente, ancora una volta, io adoro il concetto di mammoni e secondo me tutto il mondo dovrebbe invidiare la società italiana che include il concetto di mammoni. Pensateci. Gli inglesi cosa fanno? A 16 anni buttano fuori i figli di casa. Arrangiatevi! E se non li sentono per i prossimi dieci anni, pazienza, si saranno arrangiati forse, o chissà. In Italia a 30 anni li amiamo, li coccoliamo e gli diciamo “Ma hai provato tante cose, prova qualcos’altro”. È meraviglioso, è una cosa incredibile. Evidentemente sto esagerando. Però è qualcosa di interessante su cui anche confrontarci e capire.
Q: Come si immagina tra 10 anni in questo mondo virtuoso, perfettibile, intelligentissimo, i cattivi del futuro?
David: È garantito che non vivremo in un’utopia dove tutti ci vogliamo bene, dove non c’è nessun conflitto.
Non importa quante risorse abbiamo, saremo in grado di trovare dei limiti a quello che è possibile, e dove questi limiti cozzano contro qualcos’altro, ci sarà conflitto. Sarà molto importante trovare metodi migliori rispetto a quelli che abbiamo adesso per risolvere i conflitti. Ricorrere alle guerre non dovrebbe essere qualcosa di cui necessitiamo, ed in futuro sarà ancora più importante questo, proprio perché la potenza che avremo a disposizione tra intelligenza artificiale e robot, umanoidi o no che siano, sarà una potenza straordinaria. Impiegarla per fini violenti, di conflitto violento, sarà troppo distruttivo.