Evoluzione sociale e l’internet di tutte le cose

CISCO IOE Screenshot

Da quando centomila e più anni fa abbiamo cominciato ad utilizzare il fuoco oppure magari, più recentemente, diecimila anni fa abbiamo abbracciato l’agricoltura, la nostra società è sempre stata influenzata profondamente dalla tecnologia e abbiamo avuto dei sogni importanti di realizzare una emancipazione sociale, realizzare una giustizia condivisa. Le infrastrutture che abbiamo potuto, non solo sognare ma progettare, implementare, diffondere ormai a livello planetario, stanno disegnando una mappa a grana sempre più fine di quella che è la nostra conoscenza del mondo.

Le strutture emergenti che ne derivano e che vediamo nascere giorno dopo giorno attorno a noi, le reti, le reti di reti, Internet, Internet degli oggetti e Internet di tutte le cose, non solo ripristinano capacità che in un mondo ideale pensiamo di aver perduto ma aumentano, estendono fondamentalmente quello che possiamo fare, offrendo nuove possibilità di adattamento per risolvere i nostri problemi in una esplorazione frattale, per trovare effettivamente quel grado di adattamento e di resistenza e di robustezza della società che è necessario nel ventunesimo secolo. Ognuno di questi passaggi è basato sulla funzione esponenziale, capire la quale è una delle cose più importanti che ognuno di noi può fare; che sia un industriale, che sia un insegnante, che sia un capofamiglia, o un bambino.

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Quando i computer sono nati, cinquant’anni fa, sessant’anni fa, erano sordi e ciechi. Dipendevano completamente da noi per cominciare a capire il mondo e infatti utilizzavamo tastiere, utilizzavamo le schede perforate per dirgli che cosa potevano apprendere, che cosa potevano capire. Poi hanno cominciato ad acquisire sensi, si sono liberati per esempio dal vincolo delle dimensioni delle mani umane e hanno potuto abbandonare le tastiere cominciando a sentire, percepire il tocco. Hanno acquisito la capacità di vedere e quindi interpretare la nostra posizione, i nostri gesti, i nostri movimenti. E oggi stiamo assistendo alla possibilità da parte dei computer di non avere più gli schermi perché, con il miglioramento del riconoscimento vocale e l’arrivo di interfacce conversazionali, potranno finalmente sparire nell’ambiente. Quando questo avverrà, non sarà l’ultimo passo ma ulteriormente, i computer, appiccicandosi a qualunque cosa e cercando di anticipare i nostri desideri, renderanno veramente svegli gli oggetti perché, da un punto di vista differenziale, il costo di realizzare quelli che sono dotati di questa intelligenza artificiale sarà talmente minuscolo che la pressione evolutiva spazzerà via quelli che non ne sono dotati.

Oltre all’intelligenza artificiale, però, fin da sempre, quando i computer sono nati abbiamo parlato di quella che è anche la possibilità di affiancare l’uomo per aumentarne l’intelligenza, lavorare insieme, realizzare obiettivi comuni… L’intelligenza artificiale infatti non è da temere, non è da vedere come qualcosa di opposto a noi ma come qualcosa che, come il fuoco centomila anni fa, come l’agricoltura diecimila anni fa, ci libera da quelli che sono i vincoli di un mondo, di una natura che non si interessa di che cosa succede all’uomo e all’umanità.

Paul Crutzen, premio nobel per la chimica, ha dato un nome particolare all’epoca geologica in cui viviamo, l’ha chiamata l'”antropocene”: l’epoca geologica caratterizzata dalla presenza dell’uomo sulla Terra. In un batter d’occhio, solo diecimila anni, vedete su questo grafico come la proporzione della biomassa dei vertebrati terrestri si è completamente ribaltata: da quello che chiamiamo “mondo selvatico”, rispetto a quello della somma delle persone e dei nostri animali domestici. E’ una situazione chiaramente insostenibile.

Ma a coloro che predicano il ritorno ad un passato mitico, io faccio la domanda: c’è differenza tra noi e i dinosauri oltre al fatto che loro non avevano i telescopi? I telescopi li utilizzeremo anche concretamente per trovare l’asteroide? Appena ieri o l’altro ieri ne è passato uno vicinissimo alla Terra. L’asteroide che ci potrebbe colpire e ad oggi potremmo fare poco. E utilizzeremo questi telescopi della mente, anche metaforicamente, per continuare nel circolo virtuoso della scienza e della ragione, teorica ed applicata. A quelli che dicono che dovremmo invece tornare indietro, io chiedo, con relativa tranquillità, chi sono le 999 persone su 1000 che dovrebbero eventualmente morire visto che avevamo una popolazione mondiale di pochi milioni di persone, invece che di diversi miliardi come abbiamo oggi. Per fortuna nessuno mi sa rispondere.

Infatti la nostra civiltà planetaria ha avuto un enorme successo negli ultimi cinquecento anni, organizzandosi attraverso attività centralizzate e gerarchiche in nazioni, in aziende e ha raggiunto delle capacità di analisi, di implementazione e produzione mirabili. Ma oggi, attraverso delle tecnologie sostenibili, stiamo arrivando verso un cambiamento di fase che dà un vantaggio concreto all’organizzazione distribuita e decentralizzata di tutte queste attività. Quella che io appunto chiamo la “network society”.

Pensate, per esempio, alla produzione di energia solare che è naturalmente distribuita invece che centralizzata, oppure alla stampa 3D, in campo manifatturiero, che, come vantaggio, ha anche la capacità di disaccoppiare la complessità degli oggetti realizzati dall’investimento di capitale, contrariamente a quanto succedeva nelle catene di produzione dell’Ottocento e del Novecento. La possibilità di realizzare coltivazioni idroponiche, giardini urbani, giardini verticali e addirittura la stampa 3D di carne, in ambiti che utilizzano energia, acqua, suolo, radicalmente di ordini e di grandezze ridotti rispetto a prima, senza l’impiego di pesticidi. La salute personalizzata che, utilizzando gli smartphone, sensori sempre più sofisticati, responsabilizza l’individuo per preservare il proprio stato di salute, invece di intervenire quando è troppo tardi. Ognuna di queste attività viene esaltata dalle possibilità dell’Internet degli oggetti e dall’internet di tutte le cose. E ognuna viene presa di mira, magari da interessi preesistenti, perché viene tacciata da moda passeggera ma nel momento in cui li vedete uno dopo l’altro, uno accanto all’altro, vi rendete conto che sono invece parte di un’ondata larga, profonda, inarrestabile.

E nel momento in cui è così e lo accettiamo insieme, la domanda è: quali sono gli strumenti che possiamo utilizzare per non essere travolti da questa ondata potente ma di poterla cavalcare? Quali sono le nuove organizzazioni che utilizzeremo per dare forza alle persone per esprimere la propria potenzialità? Emancipare quelle miliardi di menti che stanno congiungendosi assieme a quel miliardo o due già presenti online?

Dobbiamo imparare ad essere cittadini evoluti dell’Internet di tutte le cose per partecipare attivamente, per smontare la resistenza a questo cambiamento, eliminare una sensazione di panico che anche gli esperti sentono perché le variabili da tenere sotto controllo sono tantissime e non necessariamente le previsioni si realizzano. Ma nel momento in cui riusciamo ad affrontare questa sfida, siamo effettivamente in grado di dare dignità alle persone che partecipano attivamente a questa nuova società, perché solo attraverso questa dignità consolidata possiamo mirare a costruire comunità nuove assieme. E quello che abbiamo di vantaggio è che, attraverso gli strumenti tecnologici moderni a nostra disposizione, a disposizione di tutti, la distanza tra idea ed azione davvero si sta riducendo a zero.

Abbiamo la possibilità di testare, di provare, di vedere, se funzionano talmente tante idee, che rappresentano veramente opportunità illimitate. E se è così, davvero, l’unica domanda che rimane è: “Chi vuole essere partecipe?” “Chi vuole essere coinvolto?” “Chi vuole farsi protagonista di questo mondo che sta arrivando?”

Trascrizione di una presentazione tenuta presso CISCOLive! Internet Of Everything, il 28 gennaio 2015 a Milano

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