“Codice, la vita è digitale”—Stagione 2017 Episodio 1

Nel corso del primo episodio di Codice—programma televisivo in onda su Rai 1—ho avuto modo di dissipare alcuni dubbi sorti a proposito delle introduzioni di cyborg nella vita di tutti i giorni e di chiarire l’obiettivo della Singularity University.


“Codice, la vita è digitale”
—Episodio 1

Barbara Carfagna, Conduttrice: Approfondiamo il rapporto tra tecnologia e corpo umano. David Orban, esperto di tecnologie esponenziali, lei ha il famoso microchip sotto pelle in una mano. A cosa le serve e perché lo ha inserito?

David: Questi sono degli esperimenti, in effetti, per capire in che direzione sta andando la tecnologia. Chi come me ha inserito questo chip deve far conto di come l’ambiente stesso deve adattarsi perché questo sia utile. Quindi, installare una serratura che si può aprire con il chip oppure programmare l’automobile perché si apra la porta quando mi avvicino, altrettanto si può pagare il caffè, pagare il treno o la metropolitana. Ognuno di questi elementi richiede, appunto, che il mondo attorno a noi si renda conto della presenza di questo ulteriore elemento che ci identifica.

Conduttrice: In Svezia c’è stato il primo esperimento di microchip inserito sotto pelle ai dipendenti per entrare in azienda. Come sta andando?

David: Allo spazio di co-working Epicenter, a Stoccolma, è stata offerta la possibilità, certamente non l’obbligo, che le persone che frequentano questo centro approfittassero del fatto che tutto quanto è stato programmato, cablato, per riconoscere la presenza del chip e tantissime persone ne hanno approfittato, lo ritengono molto comodo, non temono l’invasione della privacy, quindi hanno aderito all’iniziativa e sta andando molto bene.

Conduttrice: Abbiamo visto che siamo in un’era talmente complessa che abbiamo bisogno di una formazione continua. Lei, David Orban, fa parte di Singularity University, che anche se si chiama università non è una vera e propria università ma un’organizzazione, un centro studi, che in qualche modo mostra, diciamo così, le tecnologie esponenziali a capi di grandi aziende, manager, politici, militari: siete un po’, diciamo così, i consulenti in tutto il mondo e siete finanziati da Google e ospitati dalla NASA. Esattamente di cosa si tratta? C’è un po’ di sospetto sempre intorno a questa Singularity University.

David: Il nostro messaggio è molto semplice, diretto. Riteniamo che la tecnologia non sia un gioco a somma zero, se io vinco non è perché altri hanno perduto, ma insieme da dieci mila anni nel percorso della civiltà umana, affrontiamo e superiamo le nostre grandi sfide grazie alla tecnologia e così com’è stato questo nel passato sarà anche nel futuro. Un paio d’anni fa abbiamo cominciato un programma di espansione internazionale e dalla California abbiamo aperto quattro chapter anche in Italia; Milano, Roma, Venezia e Modena attualmente e, per la prima volta, il 27 e il 28 settembre a Milano organizzeremo SingularityU Italy Summit, due giorni di approfondimento di come privati, startup, imprenditori ma anche grandi aziende, comunità in generali, possono sentirsi protagonisti del futuro invece di avere la paura di esserne travolti.

Conduttrice: Ecco, c’è un po’ sempre però il sospetto che, essendo finanziati da Google, invece così di indicare una via nel senso di formazione più classica, in realtà orientate proprio le strutture dell’era digitale avendo a disposizione molte più conoscenze e molti dati.

David: Singularity University offre tantissimi strumenti ed esempi concreti di come, da una parte, sperimentare, anche sporcandosi le mani, con le nuove tecnologie: biologia sintetica, intelligenza artificiale, stampa 3D, robotica, tante aree di sviluppo che danno incredibili opportunità a persone in tutto il mondo, Italia inclusa. E quindi noi desideriamo che da questi stimoli nascano iniziative all’interno di territori ricchi di talento e di creatività com’è quello italiano.

Conduttrice: Cioè l’impressione è sempre un po’ che o si è dentro, diciamo, il giro di coloro che ne sanno di più, o si resta proprio fuori dal mondo. È così, un po’?

David: Si, assolutamente, è così. Oggi la libertà delle persone è di escludersi volontariamente da un futuro che arriva in modo inarrestabile ed è così sia individualmente che come società intera, che può decidere se vuole essere all’avanguardia del cambiamento oppure, impaurita, quasi terrorizzata da quello che sta arrivando, rimanere di retroguardia.

Conduttrice: Qual’è il vostro rapporto con le grandi università europee tradizionali?

David: È un rapporto quasi inesistente proprio perché noi riconosciamo, anche all’interno del campo dell’apprendimento, dell’educazione, una profonda necessità di una riforma radicale. Il modello ottocentesco o addirittura medievale dell’insegnamento oggi è inadeguato a preparare le persone ad affrontare il futuro.