La tecnologia genera la società del futuro

In un’intervista con Bruno Ruffilli per TuttoScienze di La Stampa, abbiamo parlato di come il progresso tecnologico possa generare nuovi gradi di libertà.


“La tecnologia, amica incompresa”
Orban: sta generando la società del futuro

di Bruno Ruffilli

David Orban, 53 anni, ungherese, è docente alla Singularity University, che assiste le aziende nel percorso di innovazione. Ha fondato Network Society Research, dove si studiano tecnologie decentralizzate e distribuite come la Blockchain. E, mentre tanti parlano del futuro, lui lo sperimenta sulla sua pelle, anzi sotto: si è fatto impiantare un chip «nfc», che è diventato biglietto da visita digitale, chiave di casa, password del conto corrente. Orban viaggia in tutto il mondo, ma passa molto tempo in Italia, dove le sue visioni del futuro sembrano oggi più che mai lontane.

Da alleata che era, ora la tecnologia diventa spesso un nemico da combattere. Come mai?

«Sempre più persone hanno difficoltà a specchiarsi nella realtà che cambia così velocemente e intuiscono di essere giunte ai limiti della propria adattabilità. Si sentono allora inutili: a se stessi, alla società, alla comunità».

La tecnologia può aiutarci?

«La sequenza tradizionale vede prima la politica, poi la società e quindi la tecnologia, ma è l’opposto di quello che avviene: è la tecnologia che ci permette di esprimere una certa società e la nostra idea di futuro è modellata spesso sulle promesse del progresso tecnologico. Perciò dobbiamo chiederci in modo non dogmatico che tipo di società può esprimere la tecnologia attuale e quale sia forma di governo di cui deve dotarsi».

Grillo è riuscito a dare l’idea che tutti possano partecipare alla politica, o diffondere notizie, e così ora la fiducia nelle istituzioni e nei giornali è crollata.

«Qui c’è un falso sillogismo: dal momento che su un certo argomento gli scienziati non hanno la certezza assoluta, allora tutti gli scienziati sono inaffidabili. È una logica sbagliata. E poi le tecnologie vanno gestite, le loro implicazioni comprese: quando abbiamo inventato il fuoco, all’inizio ci siamo bruciati, ma poi abbiamo capito come usarlo. Così l’esaltante capacità di diffondere un messaggio, che Internet offre a chiunque, è oggetto di abuso da parte di abili manipolatori e noi dobbiamo imparare a riconoscere le fake news. Questa coscienza critica farà bene anche ai giornali, separerà quelli che riportano la verità dagli altri. Altrimenti continueremo ad andare avanti con le scie chimiche».

Ci salverà la Blockchain?

«Lo Stato-nazione per come lo conosciamo ha avuto un ruolo fondamentale nella storia, ma oggi la tecnologia consente agli individui nuove forme di libertà. Prendiamo il limite monetario: se esco dall’Italia non posso portare con me più di 10 mila euro, ma se ho investito in Bitcoin? La network society, la società interconnessa, trascende la dimensione nazionale. Inevitabilmente gli Stati attuali si opporranno a questa evoluzione, ma la storia dice che è inutile cercare di contrastare il futuro».

E intanto Facebook è già una potentissima organizzazione sovranazionale, con 2,2 miliardi di persone.

«È sovranazionale ma centralizzata. E la centralizzazione contiene relazioni perverse di vulnerabilità desiderabili: le ha svelate ad esempio Edward Snowden».

Ma pure dal caso Cambridge Analytica…

«Dobbiamo ripensare l’intera architettura di Internet in modo che sia decentralizzata e la Blockchain giocherà un ruolo molto importante».

Non renderà l’accesso alla tecnologia più limitato?

«La tecnologia avanzata, da elitaria diventa democratica. Cent’anni fa era possibile avere un ruolo nella società pur essendo analfabeti, oggi è impensabile. Ma la tecnologia ci ha reso più ricchi, così le società moderne possono permettersi di dare a tutti la libertà di vivere come vogliono, anche senza tecnologia. Una volta queste persone sarebbero state escluse, oggi anche loro godono del progresso».

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