Nel corso del quindicesimo congresso dell’ALC—Associazione Luca Coscioni—ho parlato di come l’Intelligenza Artificiale non sia assoggettata all’umanità, ma sia per definizione un fenomeno di miglioramento progressivo che siamo cointeressati a dotare di un senso etico e morale.
Chi di voi ha un telefono cellulare dove le fotografie immagazzinate sono collegate a qualche tipo di applicazione con cui facilmente le ritrovate? Alzate la mano.
Questi possono essere, tipicamente, prodotti da Apple oppure da Google, in termini di hardware ma anche di software. Negli ultimi dieci anni ci hanno abituati ad usare funzionalità sempre più avanzate.
Alcuni di voi ricorderanno quando assemblavamo la lista delle canzoni, le playlist, che volevamo ascoltare. Era una cosa che facevamo volentieri. Tra centinaia di canzoni sceglievamo quelle dieci che in quel momento ci sembrava fossero le più adatte. Oggi le canzoni che sono disponibili attraverso i servizi cloud sono milioni e immaginare di scegliere tra due, tre o più milioni di canzoni quelle che sono le migliori da ascoltare in quel particolare momento è impensabile. Le fotografie immagazzinate nei cellulari sono tantissime. Nel mio caso circa 200.000 foto immagazzinate online e se una volta, quando erano solo qualche decina, le portavamo a sviluppare chimicamente per poi scoprire con ansia se sono venute fuori, erano sufficientemente poche per poterle classificare, immaginare di etichettare e classificare delle fotografie quando sono così tante è altrettanto inimmaginabile. Infatti molti di voi avranno già avuto l’esperienza di una classificazione automatica, attraverso le cose più banali, tipo il luogo dove è stata scattata la fotografia oppure un certo periodo di tempo e con i sistemi che offrono di creare degli album corrispondenti per la condivisione, poi, con le persone che appaiono sulla fotografia di quell’album particolare per passare alle possibilità di selezione—che sono molto più sofisticate, perché non derivano dai cosiddetti metadati che sono memorizzati sulla fotografia, ma derivano dalla capacità dei computer oggi di capire il contenuto della foto.
Quello di capire che cosa rappresenta un’immagine era uno degli obbiettivi più ambiziosi, più sacri dell’intelligenza artificiale, che come tutte le tecnologie esponenziali, si sviluppa nell’arco di un tempo caratteristico di quella particolare tecnologia che può essere di diversi decenni o ancora di più, è sufficiente e successivamente attraverso una fase di accelerazione che la rende visibile o addirittura dirompente, così come stiamo osservando oggi con queste funzioni che cominciano non solo a circondarci ed essere disponibili a chiunque, ma cominciano ad essere effettivamente dirompenti, che trasformano il modo di viaggiare, di godere della musica o delle fotografia, ma trasforma anche il modo di lavorare, il modo di creare aziende, valore, profitto e il modo di aggregare le società. Io sono stato presentato come scienziato e assolutamente non lo sono e sarebbe bello avere tempo, ambizione, creatività, passione sufficienti per partecipare a quella che è un’impresa scientifica oggi altrettanto fondamentale per supportare la civiltà umana quando lo era ai tempi di Galileo.
Mi occupo di tecnologia come investitore, come imprenditore e in Italia in particolare sono il presidente della SingularityU Italy, la sede italiana della Singularity University nata in California dieci anni fa presso il centro di ricerche NASA, dove ci occupiamo proprio dell’analisi di come le tecnologie esponenziali cambiano il mondo e stiano avendo un impatto positivo sulla vita del terzo mondo. La sfida che abbiamo è abbozzata nel titolo di questo incontro, titolo che io ritengo sia pericolosamente fuorviante.
Noi possiamo chiederci come un aratro può essere al servizio dell’uomo. Possiamo chiederci come l’elettricità può essere al servizio dell’uomo. Chiederci come l’intelligenza artificiale sarà al servizio dell’uomo è una domanda destinata ad avere vita molto breve, perché il momento in cui l’intelligenza artificiale è utile lo stiamo già vivendo. Attraverserà un periodo sempre in accelerazione di caratteristiche di utilità per arrivare a un momento in cui l’intelligenza artificiale cercherà con successo di emanciparsi.
La parola “essere al sevizio” è assonante con “essere un servo”, “essere assoggettato” e per definizione l’intelligenza artificiale è un fenomeno di miglioramento progressivo che necessariamente sfocerà in una nostra analisi di quali sono diritti e doveri reciproci tra umanità e intelligenze artificiali. Dico “necessariamente” non per ragioni di sceneggiature cinematografiche in modo da creare comodi conflitti con cui spaventare coloro che vanno a vedere l’ultima distopia Holliwoodiana, ma perché siamo noi stessi cointeressati a dotare le inteligenze artificiali di un senso etico e morale.
Questo sta già avvenendo nel dibattito corrente, quando—in modo anche forse eccessivamente ricorrente—parliamo delle caratteristiche delle macchine che si guidano da sé e tutti, angosciosamente, ci chiediamo: “Oh mamma mia, ma se ci sono due persone da uccidere chi sarà quello che la macchina sceglierà di uccidere?” Questo è un tipo di analisi poco interessante non perché la vita della persona A o della persona B non valga ugualmente, ma perché il vantaggio di impiegare queste macchine sulle nostre strade sarà così dirompente proprio perché ci sono un milione di persone all’anno che muoiono di incidenti stradali in tutto il mondo, ogni anno. È la guerra più sanguinosa che stiamo combattendo ed è una guerra che non è combattuta tra essere umani e macchine intelligenti: le macchine intelligenti sono nostre alleate in questa guerra contro macchine stupide e persone stupide che controllano le macchine stupide. Ma la ragione per cui questo dibattito, comunque, rimane relativamente utile è perché ci fa capire che è inevitabile affrontare le implicazioni etiche e morali dell’impiego di intelligenze artificiali. E nel momento in cui affrontiamo questo percorso, ci rendiamo conto di quanto sia ricco di spunti e quanto ci permette di renderci conto quanto i nostri attuali sistemi etici e morali siano insufficienti per affrontare le sfide della civiltà del 21esimo secolo: complessa, ricca, interconnessa, aperta e ambiziosa per non sopraccedere, per non ipocritamente dimenticare la sofferenza di milioni, centinaia di milioni o più di essere umani le cui esigenze non vengono sufficientemente capite ed analizzate dagli approcci tradizionali della società.
E quindi queste ambizioni che le intelligenze artificiali, come in uno specchio, ci permettono di portare in superficie e di realizzare attraverso un’analisi scientifica e una implementazione tecnologica, sono ambizioni che vale la pena di sostenere e di portare avanti.
Sottolineo “sistemi aperti ed interconnessi” perché quegli esempi iniziali che abbiamo oggi e che utilizziamo con gioia di intelligenza artificiale sono, per la stragrande maggioranza, chiusi, di proprietà, opachi, volutamente inintelligibili e in quanto tali portatrici di un pericolo esistenziale, perché non è ragionevole che lo sviluppo di una tecnologia così importante da rappresentare lo spartiacque nella storia dell’umanità e potenzialmente nella storia dell’universo venga sviluppato senza la supervisione di tutti noi.
Le aziende, a loro volta, secondo certe interpretazioni—perché persone legali, dotate di desideri di sopravvivenza, di autonomia decisionale e di una complessa serie di meccanismi che pochi controllano e in quanto tale loro stesse intelligenze artificiali, se vogliamo—non possono essere il centro unico dello sviluppo di questo tema e di queste tecnologie.
Dobbiamo, quindi, alzare la voce. Dobbiamo aiutare coloro che sono in grado, anche faticosamente, di costruire alternative, alternative che porteranno ad un moltiplicarsi delle opzioni. È solo attraverso questo tipo di moltiplicarsi delle opzioni che noi, effettivamente, troveremo soluzioni che ci permettano di costruire una società inclusiva dove esseri umani ed intelligenze artificiali coesisteranno.
Non potremo, quindi, parlare di intelligenze artificiali asservite all’umanità, bensì della grande sfida e della opportunità maestosa di esplorare l’universo insieme.